Pietro Galignani

Annunciazione

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S»meron tÁj swthr…aj ¹mîn tÕ kef£laion

Oggi è il vertice della nostra salvezza  la

kaˆ toà ap a„înoj musthr…ou ¹ fanšrwsij:

manifestazione dell’eterno mistero;

ÐUƒÕj toà Qeoà UƒÕj tÁj parqšnou g…netai,

Il Figlio di Dio diventa figlio della Vergine,

kaˆ Gabri¾l t¾n c£rin eÙaggel…qetai.

e Gabriele annunzia la grazia.

DiÕ kaˆ ¹me‹j sÝn aÙtù

Perciò anche noi con lui

 QeotÒkJ bo»swmen:

Alla Madre di Dio gridiamo:

Ca‹re kecaritwmšnh:

Allietati piena di grazia;

Ð KÚrioj met¦ soà .

il Signore è con te

 

 

I testi delle ufficiature liturgiche  (¢kolouq…ai) sono l’espressione dell’esperienza del Mistero di Cristo vissuta dalla Chiesa la quale in esse esprime e comunica la propria  autocoscienza . Il culto infatti vive la  Tradizione  e nella Tradizione la quale « consiste nel conoscere in modo vitale la persona di Cristo nei suoi atti salvifici che i profeti hanno annunciato e che gli Apostoli hanno interpretato e messo in pratica.

 La Tradizione è dunque la conoscenza degli atti salvifici di Cristo nell’applicazione concreta che ne hanno fatto gli Apostoli, nella preghiera, nei sacramenti e nella vita cristiana condotta secondo la volontà di Cristo e secondo il suo modello. E’ la continuità , nei secoli posteriori,  di questa applicazione concreta. ».[1]

Nell’ apolitikion dell’ Annunciazione  sono espressi i temi essenziali dell’evento, di cui si fa memoria in questa grande solennità,  che la Chiesa vuole proporre alla meditazione del popolo cristiano perché faccia esperienza viva della persona di Cristo, nei momenti più significativi e decisivi per la nostra salvezza. Certamente gli altri testi delle ufficiature approfondiscono quanto qui è sinteticamente proposto, ed una adeguata analisi di tutti i testi, lavoro impossibile in uno scritto che vuole essere breve, metterebbe in rilievo la ricchezza e la profondità della coscienza che la Chiesa ha dei gesti salvifici di Cristo, come ha fatto Kostantin  Andronikov, nei suoi studi sulle grandi feste dell’anno liturgico.

 Nella sua essenziale brevità, la composizione poetica, che ci accingiamo ad analizzare,  contiene quattro elementi fondamentali che  caratterizzano il cristianesimo. Il Mistero di Dio diventa un evento storico nella persona di  Cristo che opera la salvezza per l’uomo, e la opera oggi.

 Ma anche solo un’approfondita ed esauriente analisi, con tutte le  sfumature e conseguenze dei temi indicati, con riferimento alla Sacra Scrittura, alla riflessione dei Padri, darebbe origine  è un’intera opera teologia. Sia consentito allora  qui limitarci a  cogliere in profondità il significato essenziale di questi quattro elementi nel loro inscindibile intreccio per capire che tutta la novità del cristianesimo è qui raccolta nei suoi elementi costitutivi.

Non è quindi un dotto commento a questo testo che qui interessa, bensì la riscoperta del significato esistenziale delle parole che l’autore ha comunicato perché sgorgate da un’esperienza vitale.  L’approccio metodologico caratterizzato dall’esperienza dell’evento che costituisce il Cristianesimo è giustificato dalla decisiva considerazione che è proprio questa esperienza la base dell’annuncio cristiano ed è solo in forza di essa che il cristianesimo non si riduce a mito , ad ideologia, a filosofia ma è il lieto annuncio di un fatto, di un evento che interpella l’uomo, chiede cioè la sua libera adesione per  poter essere conosciuto, vissuto,   comunicato.

Non si può dimenticare che la teologia cristiana , ed in particolare la teologia dogmatica, non si riduce ad un’ingegnosa esposizione logicamente costruita, ma  ha nell’esperienza del mistero di Cristo la sua radice, avulsa dalla quale, diventa un esercizio intellettualistico   che divide invece di far crescere la coscienza ecclesiale.  Ben opportunamente  Nikos Matsoukas  sottolinea: «La parola su Dio, ossia l’insegnamento teologico, si fonda sull’esperienza di vita all’interno della comunità storica, il cammino di questa comunità, attraverso ricadute e risalite, è caratterizzato da una continuità ininterrotta, poiché la comunità e le persone carismatiche incarnano in ogni epoca, il contenuto della vita del popolo.»[2]

 

 


1. Il mistero di Dio

 

 Nella sua breve sintesi sulla teologia ortodossa che, come dice il titolo originario dell’opera,  vuol essere un sillabario della fede, Christos Yannaras  si rende conto che  la sua esposizione è la risposta ad una domanda, ed è tanto più significativa quanto più la domanda stessa  mette in movimento tutti gli aspetti della vita dell’uomo. Per tale motivo, proprio all’inizio della sua sintesi afferma che la domanda religiosa è strutturalmente connessa con l’uomo e il bisogno del religioso  è  naturalmente insito in lui. « C’è nell’uomo, nel cuore della stessa “natura”, il bisogno spontaneo di rimettersi a qualcosa che lo superi, ad un’esistenza molto più alta della sua.»[3]

L’esperienza esistenziale  del Mistero è pertanto  per l’uomo, il fattore elementare, il dato originario perché, com’è stato acutamente osservato : « Il fattore religioso rappresenta la natura del nostro io in quanto si esprime in certe domande: “ qual è il significato ultimo dell’esistenza? ”, “Perché c’è il dolore, la morte, perché in fondo vale  la pena di vivere ? ” . O, da un altro punto di vista: “ Di che cosa  e per che cosa è fatta la realtà ? ” . Ecco, il senso religioso si pone dentro la realtà del nostro io a livello di queste domande: coincide con quel radicale impegno del nostro io con la vita, che si documenta in queste domande.»[4]

Queste domande sgorgano dal fondo dell’essere umano, sono inestirpabili, perché costituiscono come la stoffa di cui l’uomo è fatto. L’esperienza del Mistero quindi fa parte dell’esperienza strutturale dell’uomo il quale si accorge che qualunque suo moto ha questa sorgente, ha questa radice energica, egli è secondario e dipendente da questa fonte ultima , radicale , originale ed enigmatica.

Il Mistero è allora quella parola che lo sguardo umano attento, cioè non distratto da fattori che lo portano a negare o ridurre le domande del senso religioso, in tutte le epoche della storia, osservando la realtà, ha  sempre dovuto in qualche modo pensare e dire riconoscendo che il Mistero di Dio è Colui da cui siamo, per cui siamo, di cui siamo. Al di là di tutti i suoi possibili pensieri e di tutti i  possibili progetti l’uomo percepisce esistenzialmente di sorgere dal Mistero di Dio senza poter pretendere di conoscere  questa sorgente inesauribile, ineffabile. Infatti, per indicarlo, egli deve usare sempre parole negative perché non può usarne una che lo sappia definire. Se noi pretendessimo di definire il Mistero , in qualsiasi modalità escogitata e metodologicamente costruita dal sapere,  , il nostro dire sarebbe falso.

Da una  parte noi percepiamo la presenza del Mistero perché in ogni momento del nostro vivere siamo immersi in esso, ne sorgiamo e ne siamo alimentati, vale a dire perché strutturalmente siamo opera sua in cui Egli si manifesta, e quindi gli apparteniamo ontologicamente. D’altra parte, quando sopra questa esperienza originaria lasciamo prevalere i nostri concetti e progetti, viviamo nella dimenticanza di questa strutturale appartenenza al Mistero   creiamo  col mito una religione antropocentrica che si sente capace di piegare il Mistero ai nostri desideri ed è quindi destinata a rassicurare e fortificare l’uomo. Oppure  cerchiamo con la forza della nostra ragione di fare un discorso su Dio, una teologia, con la quale di fatto pretendiamo di determinarlo e di dominarlo razionalmente mediante i concetti. Questi però riescono solo a cogliere delle proprietà , degli attributi che non esprimono l’essenza del Mistero bensì alcune caratteristiche che desumiamo dalla struttura del mondo, l’opera che Egli ha prodotto. Se identifichiamo gli attributi con l’essenza divina, che in questo modo cessa di essere Mistero, noi creiamo degli  idoli come giustamente afferma San Gregorio di Nissa:  « I concetti creano gli idoli di Dio, soltanto lo stupore coglie qualcosa,»[5] . Ma lo stupore di cui qui si parla non coincide con la meraviglia intellettuale, di cui parla Aristotele, che muove la ricerca della ragione che porta al sapere. Lo stupore è originato da un’esperienza vitale, da una relazione personale  che interpella e coinvolge.   I concetti riducono Dio ad un’astrazione della  mente e non  permettono di avvertire che il Mistero è infinitamente più grande dell’astrattezza del concetto dentro cui lo si  vuole ricondurre. Con questo  atteggiamento riduttivo l’uomo si preclude la possibilità di riconoscere le  manifestazioni del Mistero nel mondo e nella storia, nega la possibilità di un  incontro personale  con Lui.

 E’ all’esperienza originaria e fondamentale, della quale si è parlato, che San Paolo fece riferimento quando si  rivolse ai filosofi  che  insegnavano ad Atene, riunitisi sull’Areopago per ascoltare una  nuova dottrina. Prendendo spunto da un’ara dedicata ad un dio sconosciuto, riaffermò che essi al di là dei miti percepivano di essere avvolti dal Mistero  « En aÙtù g¦r zîmen, kinoÚmeqa, kaˆ ™smšn ».[6]

 Ed è con un atteggiamento ed una mentalità totalmente permeata sia di religiosità mitica , ma soprattutto  di intellettualismo  che i sapienti, tra i quali, negli Atti degli Apostoli, sono  specificamente menzionati gli stoici,  hanno rifiutato ogni credibilità alla testimonianza di Paolo che annunciava che Dio misterioso, che essi cercavano,  si è manifestato compiutamente in  un  fatto accaduto nella storia. [7]

E, proprio lo stoicismo è una delle forme  più significative della  negazione pratica del senso religioso che si preclude la possibilità del rapporto personale col Mistero e quindi ritiene folle l’annuncio di tale evento. « L’aspetto più nobile , più formato, più filosoficamente motivato, unica alternativa dignitosa all’impegno di una vita sinceramente religiosa, cioè veramente impegnata con quelle domande[ che costituiscono il senso religioso], è l’ideale stoico dell’atarassia , dell’imperturbabilità .»[8].


 

 

2. Il progetto di Dio: la divina economia

E’ un fatto che il Mistero di Dio si è rivelato creando il mondo e manifestandosi all’uomo nella storia.  «Perciò, - come si esprime Nikos Matsoukas in  una sintesi particolarmente efficace -  la rivelazione si comprende bene solo attraverso le continue  teofanie nel mondo e nella storia. Per mezzo delle teofanie, la storia, in alcuni suoi concreti avvenimenti, diventa la storia della divina economia. Dio, inaccessibile secondo natura, diventa accessibile nelle sue energie tramite le teofanie. Ne consegue che la rivelazione non la si può considerare come qualcosa di statico, ma di dinamico, di storico, di vivo, proprio perché si compie nell’ambito delle continue teofanie. Dio, benché sia inconoscibile da parte delle creature secondo la sua essenza increata, diventa conoscibile in modo dinamico secondo le sue energie.»[9]

Attraverso le teofanie è visibile una continuità  ininterrotta tra la dimensione biblica ed ecclesiale; un unico disegno si dipana tra la creazione ed il secolo venturo.  Esso  si compie gradualmente nel tempo, perché questa è la dimensione dell’uomo. Tale disegno è operato da Dio in un rapporto che fa sperimentare all’uomo la presenza, potenza , la  verità, la  fedeltà, la  misericordia, la tenerezza.[10]

La creazione,  la caduta con le sue drammatiche conseguenze, la scelta del popolo eletto con le sue vicende ora grandiose ora drammatiche, tutto costituisce un cammino storico in cui si fa presente e si manifesta  la Tri-unità vivente e comunicante.  In particolare il popolo nato da Abramo vive la compagnia di Dio, lo incontra in momenti che danno un volto, uno spessore ed un significato del tutto peculiare alla sua identità di popolo. Esso vive un’appartenenza che protegge e che promette la felicità alla quale ogni uomo aspira . L’infedeltà del popolo vanifica continuamente la coscienza che la sua identità è essenzialmente costituita e plasmata da eventi storici nei quali il Signore Dio mostra in modo eclatante la sua potente presenza.[11] La stessa infedeltà tende a rovinare e a stravolgere il progetto preparato, annunciato ed attuato. Ma Egli, con pazienza e sapienza,  riprende quel disegno sfigurato e lo fa apparire ancora più bello, più rispondente alla promessa di realizzazione del desiderio del cuore dell’uomo che anela alla completa realizzazione di sé ma si ostina a perseguirla con un criterio di indipendenza e di autonomia che lo precipita in situazioni catastrofiche. Egli crede che per realizzare la propria umanità, per conseguire la propria felicità, deve  por mano ad un progetto elaborato dalla sua intelligenza  e realizzare la propria libertà sottraendosi al peso di una presenza che crede umiliarlo, soffocarlo, sottrargli la propria indipendenza.

Ma la fedeltà di Dio è più forte e più stabile dell’infedeltà umana e, se talvolta costruisce abbattendo, porta a compimento i suo disegno appoggiandosi sul riconoscimento e sulla disponibilità dell’uomo che liberamente lo accetta, si lascia coinvolgere dal progetto di Dio, anche se immediatamente non gli è totalmente chiaro. L’uomo, che accetta il compito che Dio gli affida, riconosce di appartenergli ontologicamente e  ricorda con amore e gratitudine le meraviglie che Dio ha operato ed opera per il popolo che lo accoglie e  si abbandona fiduciosamente a Lui.

 Nello stupore , nella partecipazione e nella contemplazione è possibile cogliere il senso delle teofanie del Mistero che si rivela. Non  è facile[12] però per l’uomo intuire  la profondità abissale che la visione unitaria della divina economia porta con sé. Innanzitutto ciò è dovuto al fatto che la  consistenza del disegno divino nella storia sgorga direttamente dalla profondità ineffabile della Tri-unità ed è   espressione  energetica del Mistero trinitario nel Logos asarkos (non incarnato )  e nel Logos ensarkos ( nella carne ), secondo il costante pensiero dei Padri. In secondo luogo, pur avendo realizzato il suo vertice totalizzante nel Mistero di Cristo, la divina economia non ha ancora raggiunto la sua completa e definitiva conclusione perché la compagnia di Dio all’uomo si prolunga ancora nel tempo e non si è ancora realizzata la definitiva trasfigurazione del mondo e della storia. Sappiamo che avverrà ma non come si realizzerà . La chiave di volta di questa comprensione è “ la vita in Cristo ” nella quale siamo trasformati progressivamente dalla potenza delle energie divine che attraverso Lui realizzano la divinizzazione dell’uomo.

 

 

3.           La salvezza

Il Logos  si incarna  e così Dio stesso entra nella storia in un modo del tutto particolare. La teofania della Trinità nel Logos incarnato acquista una  profondità  ed uno spessore altrimenti  inimmaginabile; la presenza di Dio nella storia assume una stabilità definitiva. Il Figlio di Dio diventa il Figlio della Vergine  ed il mistero di Cristo diventa il modo definitivo  attraverso il quale il Mistero trinitario decide di essere presenza che accompagna e trasforma  l’uomo perché possa  realizzare pienamente il proprio volto umano, la somiglianza con Dio secondo il progetto divino. E’ questo il senso della parola “ salvezza ” che i Padri hanno sintetizzato nell’espressione: « l’uomo diventa per grazia ciò che Dio è per natura  ».

Affermare che Dio è diventato uomo e che la sua umanità possiede tutte le caratteristiche proprie della natura umana implica che l’incarnazione è un evento cosmico   assolutamente imprevedibile, è una nuova creazione  nel quale « la creatura si rinnova ed il Creatore diventa  creatura ».[13]Il peccato dell’uomo getta la creazione nella morte e nel decadimento, ma la restaurazione dell’uomo in Cristo è una restaurazione del cosmo nella sua bellezza originaria. Certamente questo evento cosmico, che comporta la glorificazione dell’uomo  e quindi dell’intera creazione, ha la propria completa realizzazione in una   dimensione escatologica.

« Nella persona di Cristo, nella realtà sacramentale del suo corpo e nella vita dei santi è anticipata  la trasfigurazione dell’intero cosmo; ma il suo compimento in potenza deve ancora venire.»[14]

Nel Mistero di Dio che si fa uomo, cioè nel mistero di Cristo, si rende manifesto    (fanšrwtai ), anche se non totalmente comprensibile, il progetto  che il Mistero di 

Dio  ha concepito per l’uomo da sempre e che è rimasto misterioso e nascosto fino alla sua realizzazione. ( toà ¢p a„înoj musthr…ou ). Questo progetto riempie di stupore l’angelo che porta l’annuncio del dono ( c£rin ) stupefacente e sorpendente. Stupisce anche la Madre di Dio perché il disegno di Dio si rivela al di là di ogni umana immaginazione.

Il dono gratuito e pieno di grazia è la stessa persona di Cristo, il Figlio di Dio che diventa Figlio della Vergine. L’evento Cristo, il volto umano del Mistero, è il vertice del disegno di Dio e nello stesso tempo la totalità della salvezza (kef£ laion).

L’incarnazione è bensì l’inizio della vita umana di Cristo, ma questo annuncio è la proclamazione della salvezza nella sua interezza. Certamente Cristo vivendo la dimensione temporale dell’uomo compie una pluralità di gesti e proferisce in modi diversi il lieto annuncio della salvezza . Ma tutte queste espressioni sono modi in cui la persona di Cristo si pone e si comunica ; la salvezza  è presente nella sua totalità nella persona stessa di Cristo che parla ed agisce.

La Tradizione ha voluto, nelle dodici grandi feste dell’anno liturgico, sottolineare gli aspetti più densi di significato della vita di Cristo ma quello che importa sottolineare è che la salvezza è il soggetto di quei gesti, la persona stessa di Cristo che è la compagnia stabile e definitiva del mistero di Dio con l’uomo.

 


 

4.           Oggi

Le ufficiature  non si limitano ad una commemorazione storica di un evento passato, avvenuto circa duemila anni or sono. Non si tratta solamente di una memoria storica, perché nel culto la Chiesa rende attuale, incontrabile, e quindi sperimentabile, l’avvenimento che viene ricordato.

«La liturgia è una teofania che si ripete, in cui i fedeli, dopo l’invio dello Spirito Santo, vedono “ la luce vera ” e gustano la vita e la teognosia. La preghiera dell’Anafora della liturgia greco-ortodossa ricorda tutta la storia della divina economia a partire dalla creazione : “ Tu dal non essere all’essere ci hai creato e, caduti, ci hai innalzato di nuovo e non hai smesso di fare tutto e, infine, ci hai introdotto nei cieli e ci hai regalato il tuo regno futuro…..Manda il tuo Santo Spirito su di noi e su questi doni, ” »

 Oggi, ( s»meron ) parola con cui inizia l’apolitikion della festa dell’Annunciazione, esprime con la massima forza questa verità . Nella memoria liturgica, che solo la Chiesa può fare, l’incarnazione di Cristo avviene oggi perché nella Chiesa il mistero di Cristo è contemporaneo di tutti i momenti dello spazio e del tempo per opera della potenza dello Spirito Santo .

La Chiesa infatti è la memoria vivente del mistero di Cristo risorto che diventa in questo modo incontrabile da tutti come avvenne, secondo la testimonianza degli Atti degli Apostoli, a San Paolo sulla via di Damasco e provoca una decisione per l’esistenza. Solo una completa ecclesiologia può chiarire come, secondo la Tradizione , la Chiesa è questa memoria. Accontentiamoci qui di chiarire il significato preciso di questa espressione. « “Memoria” indica la profondità storica dell’incontro, fino a raggiungere la radice da cui ultimamente esso nasce. L’incontro fatto oggi è vero perché Egli, Gesù Cristo, nato da Maria Vergine, è morto ed è risorto, è asceso al cielo e investe la realtà con il Suo Spirito. Quest’incontro vale per un fatto accaduto duemila anni fa. La fede è coscienza di una presenza che è incominciata nel passato: per questo l’incontro attiva la memoria. Soffermiamoci ancora sulla parola “incontro”. Essa non indica il semplice imbattersi in qualcosa che entra nell’orizzonte della nostra esistenza, ma l’accadere in tale orizzonte di una presenza capace di cambiare interamente la vita: l’incontro acquista così il diritto di chiamarsi “avvenimento” secondo tutta la pienezza del termine. L’incontro si caratterizza come impatto con qualcosa d’eccezionale, capace di “metamorfizzare” la vita, cambiandone la forma, lo schema, così da creare un mondo nuovo ».[15]

 Con questa consapevolezza, che cioè  l’azione liturgica è memoria nel senso sopra indicato,   l’innografo invita ad unirci all’arcangelo Gabriele nello stupore di fronte all’evento che  annunzia che corrisponde allo stupore di Maria per il tipo di saluto ricevuto.  Soprattutto ci invita a ripetere con lui il saluto che profondamente sconvolse, perché denso di significati profondi, e che fece a lungo riflettere la Vergine Maria sul significato del saluto ricevuto.[16]Il modo di parlare dell’angelo, nel significato semitico che affiora sotto le parole greche, aveva lasciato chiaramente intendere che a Maria stava per essere affidata una particolare missione, proporzionata ai singolari doni da lei ricevuto da Dio.

In conclusione, il sacro poeta , immerso nella realtà di Cristo, che la Chiesa vive e trasmette, ci offre l’esperienza dell’evento della incarnazione e la contemplazione del  mistero dell’Annunciazione perché anche noi  possiamo stupire di fronte al gesto di Dio che ci sorprende e ci salva.



 

[1] Dumitru Staniloae, L’accueil de la Tradition dans le monde d’aujourd’hui,  Le point de vue de l’Orthodoxie, in  Irenikon, 1974, pag. 453. Per una più approfondita comprensione della Tradizione , che qui viene richiamata  nel suo rapporto col culto e le sue officiature, si veda: Giovanni Papagopulos, Il significato di tradizione nella teologia ortodossa contemporanea,, in Simposio Cristiano,1985, pag. 85-100.

[2] Nikos Matsoukas, Teologia dogmatica e simbolica,  Roma 1995, vol. 1 , pag . 95.

[3] Christos Yannaras, la Fede dell’esperienza ecclesiale, Brescia 1993, pag, 17.

[4] Luigi Giussani, Il senso religioso, Rizzoli, Milano, 1997, pag. 59.

[5] Gregorio di Nissa,  La vita di Mosé,  P.G. 44, col.  377 B

[6] Atti 17, 28

[7] Cfr. Atti 17, 16-34

[8] Luigi Giussani, Il senso religioso, op.cit, pag, 88

[9] Nikos Matsoukas, Teologia dogmatica  e simbolica,  vol. 2 op, cit. pag .29.

[10] Si veda : B. Bobrinskoy, Le Mystère de la Trinité, Parigi 1986, pag, 63-69.

[11] Il  noto tetragramma    hvhy  non indica il nome proprio di Dio ma la continua manifestazione della sua protezione. Esso significa: “ Io sono presente.”

[12]  « Colui che vuole ascoltare o parlare di Dio occorre che sappia bene che non tutte le cose della teologia e dell’ economia sono indicibili, né tutte dicibili; né tutte inconoscibili, né tutte conoscibili. Infatti altra cosa è il conoscibile e altra il dicibile, come altra cosa è il parlare e altra il conoscere. » . Giovanni Damasceno, Della fede ortodossa, PG 094,792B                                                          

[13] Neourge‹tai ¹ kt…sij: brefourge‹tai Ð Kt…sthj. Inno Akathistos, prima  stasis.

[14] John  Meyendorff, La teologia bizantina, Marietti, Torino, 1984, pag. 187

[15] A,V., Generare tracce nella storia del mondo, Rizzoli, Milano, 1988, pag, 38.

[16] Luca, 1, 28-29