ESTRATTO  DA

 

KOSTAS E. TSIROPULOS

 

 

FANTASMI

 

Atene 1984 d.C. 

 

 

[trad. di © Mauro Giachetti]

La legge, è vero, sopravvenne perché la colpa si moltiplicasse: ma dove abbondò il peccato sovrabbondò a sua volta la grazia, acciocché come il peccato regnò per mezzo della morte, così anche la grazia regni ora mediante la giustizia in vita eterna, per opera di Gesù Cristo nostri signore.Rom., 5.20-21

CAPITOLO PRIMO


Quando cominciai ad aver paura della morte andai a comprare un coltello. Ricordo molto bene, e non lo dimenticherò finché avrò vita, il momento in cui quella paura penetrò in me per la prima volta. Era estate e mi svegliarono all'alba. Mio padre stava male. Mi misi la giacca ed entrai in camera sua. Da dietro le imposte socchiuse s'intravedeva un cielo d'un azzurro vaporosissimo. Mi gettò un sguardo grave, smarrito. Gli sorrisi per fargli coraggio, lui si sollevò e, respirando a fatica, mi afferrò per una mano come se fosse stato sul punto di scivolare in un pozzo e avesse voluto aggrapparsi a me per non cadervi. Stava soffocando. Era in preda a un forte attacco di panico. Rimanemmo silenziosi nella camera vuota – vuota da quando lei se n'era andata. Era supino sul letto e con la testa tormentava i guanciali ammucchiati dietro la schiena. Stavo in piedi davanti a lui. La vecchia che si prendeva cura di noi era corsa a chiamare il medico Stavamo trascorrendo l'estate al mare e l'abitazione del medico era lontana. Respirava sempre più a fatica, con difficoltà. Sembrava che una presenza invisibile lo afferrasse per la gola, e quel contatto lo faceva trasalire tutto. L'uomo si aggrappa con tutte le forze alla vita, ma tutto è predisposto affinché egli la perda. Perché dunque dovrebbe angosciarsene? Fino a quel momento tutto intorno a me e dentro di me era fiorito straordinariamente, e non avevo pensato a che cosa significhi inabissarsi di nuovo nel caos dal quale eri stato fatto uscire per mezzo dell'amore di tuo padre e di tua madre. Prima o poi la vita si deve fermare. Allora finirà anche tutta questa angoscia. Per non morire più bisognerebbe non nascere. Osservavo quel volto livido, quegli occhi attoniti. Non so; sembrava che vedessero cose terribili. Non avevo mai veduto mio padre guardare cose invisibili con una intensità così spaventosa. La sua mano tremava nella mia. Un'ala gli colpiva le palpebre per fargliele chiudere. Sembrava che il mondo si stesse lacerando da cima a fondo. Entità occulte cercavano di soffocarlo. Viviamo la vita con il nostro corpo e non immaginiamo mai che forse possiamo vivere anche la morte. Intuivo che lo stavano tirando per trascinarlo via. Fuori era tutto azzurro, in casa c'era l'abisso. Appena ero entrato aveva balbettato il nome del medico. Poi non capii più nulla. Mi parve che balbettando chiedesse un prete. Mio padre era stato indubbiamente una persona dignitosa e rispettabile per tutta la vita (lo diceva la gente e lo sapevo anch'io), ma non mi aveva mai fatto pensare che in un determinato momento, in extremis, si sarebbe aggrappato anche a questa speranza. A dir la verità non so nemmeno se esistono le speranze. Le inventiamo noi, perché abbiamo paura. – Passerà! gli dissi, cercando di abbozzare un sorriso. Il mio viso aveva assunto un'espressione estremamente sincera. Era diventato di pietra e mi doleva. – Un prete! disse con voce rauca, alzandosi sui guanciali. Capii che i suoi occhi avevano smarrito la luce, che tutto gli si stava facendo oscuro. Non vi erano dubbi. Voleva un prete. Lo guardai stupefatto. Me le aveva nascosto per tutta ala vita. Perché lo voleva ora? Stava per morire. Il medico tarda sempre e tutto deve finire prima o poi. Un prete in casa non aveva alcun senso. Ce n'eravamo dimenticati per anni e anni. E ora mio padre, atterrito da cose inimmaginabili, ne cercava uno, con lo sguardo, per aggrapparglisi alla tonaca. Tacevamo. Lui si afferrava ancora a me guardandomi dal suo stupore, con rabbia, e io non riuscivo a capire nulla. Mi guardava continuando a tremare. Attraverso le nostre mani unite, gli spasimi della sua carne passavano nel mio corpo. Nessuno in paese poteva immaginare cosa stesse accadendo in casa nostra. Si udivano in lontananza i rumori consueti e rassicuranti di ogni giorno. Porte che si aprivano, gli zoccoli dei muli, i primi uccellini. Una voce. Si vedeva l'azzurro che ogni mattina mi avvolgeva il corpo. Mio padre e io ci guardavamo. Non dimenticherò mai il suo sguardo che si spegneva. Poi la sua mano che mi stringeva mi lasciò d'improvviso. Mio padre scivolò nel pozzo. Il suo respiro si ruppe, come una corda che lo teneva appeso sopra l'oscurità definitiva. Vi cadde dentro. Quel silenzio si fece tangibile al punto che potevi sentirlo opprimerti il corpo. In un attimo capii che il mondo intero era andato in frantumi. Eppure io osavo continuare a vivere.